Vi racconto il coronamento del mio sogno: guidare una formula uno

 A CAVALLO DELLA "PAPERA"

 

Questo è il racconto di una giornata speciale, una di quelle occasioni che capitano raramente e da cogliere al volo. A me, tifoso Ferrari all’inverosimile, è capitato di provare una Ferrari di F1, la 640 chiamata affettuosamente la “Papera” per via del suo strano muso. Questa è stata la prima F1 che abbia portato in gara il cambio semiautomatico sul volante,  una di quelle monoposto che hanno segnato un’epoca nella storia dei Gran Premi. E' anche quella vettura che Frank Williams volle in cambio dalla Ferrari per lasciare libero Alesi (oltre al denaro s’intende).

 

Ferrari 640  inizio sviluppo

motore 12 V di 65° 3497,96 cc

 alesaggio/corsa 84x52,6 mm

 5 valvole per cilindro

 rapporto di compressione 11,5:1

 potenza stimata di 620cv a     12500 giri

 iniezione elettronica Weber-  Marelli

 candele Champion 10 mm

 acc. elettronica Magneti Marelli  Statica

 basamento in ghisa

cambio longitudinale  7 rapporti a gestione elettroidraulica

differenziale autobloccante ZF

telaio in composito: nido d'ape  con fibre di carbonio e kevlar. carrozzeria separata

sospensioni anteriori con ammortizzatori coassiali e barre di torsione

sospensioni posteriori con molle e ammortizzatori coassiali di tipo pusch - rod

cerchi monoblocco e fusi da 13"

carreggiata anteriore - 1800mm

carreggiata posteriore - 1675mm

lunghezza - 4400mm

larghezza - 2130mm

altezza - 950mm

passo - 2830mm

peso con acqua e olio - 505 kg

 

Mi trovavo a Roma per eseguire una perizia sul presunto danno causato da un prodotto della nostre officine idrauliche, danno  in realtà causato dall’imperizia di un installatore. Parlando con il titolare di questa azienda nostra cliente e amico del mio datore di lavoro, scopriamo di essere "fratelli" sotto il segno della Rossa. Con mia grande sorpresa dice che ha acquistato qualche anno fa una Ferrari 640 : " la “Papera!” dico e non gli nascondo l'invidia per la fortunata possibilità di potersi calare quando vuole in quel leggendario abitacolo. Ecco però l'insperata proposta: "senti, domani mattina, prima di andare a fare la perizia, ti ci faccio fare un giro". Inutile dire che ho subito accettato come un bambino quando gli si chiede se vuole un gelato!

 La notte in hotel praticamente non chiudo occhio,  un po’ per l’agitazione, un po’ per la paura di rompere qualcosa, perché mi conosco: ho il piede destro pesante, prova un'indomabile repulsione verso il freno ed è spasmodicamente attratto dall’acceleratore.  L'ansia è quindi grande.

  • 1 - leva per regolare la rigidità della barra antirollio anteriore
  • 2 - interruttore generale
  • 3 - pulsante dell'estintore
  • 4 - leva per accendere la luce posteriore
  • 5 - contagiri digitale
  • 6 - roll bar di protezione in carbonio
  • 7 - display multifunzione selezionabile dal pilota tramite pulsante sul volante
  • 8 - antenna radio                                           
  • 9 - pulsante per la retromarcia
  • 10 - pulsante per il folle
  • 11 - spia dell'olio
  • 12 - ripartitore di frenata
  • 13 - pedale della frizione, usato solo in partenza

 1 - pulsante radio

 2 - pulsante del display multif.

 3 - bilanciere del cambio

   

La mattina il proprietario della monoposto mi viene a prendere e ci dirigiamo verso un aeroporto per aerei da turismo appena fuori Roma, dove lui si reca abitualmente per “sgranchire” le ruote della Rossa. Ci arriviamo verso le 9, e il meccanico del proprietario della vettura ha già cominciato da 1 ora a fare il preriscaldamento del motore, che adesso però è spento. La carrozzeria è in un angolo, adagiata su due trespoli

Nella vettura aperta si mostra in tutto il suo splendore il V12 a 65° da 3,5 litri, 5 valvole per cilindro: 3 di aspirazione e 2 di scarico, il loro richiamo avviene tramite molle. Il ritorno pneumatico era ancora di là da venire.

Ho il tempo per dare un'occhiata al percorso ricavato nel piccolo aeroporto. Il breve circuito è costituito da un rettilineo seguito da una curva a sinistra secca a 90°, un altro breve rettilineo e ancora una curva a destra più aperta. Dopo 60-70 metri un tornante a sinistra prima di un lungo rettilineo che correva lungo la pista d'atterraggio e infine due curve a 90°che riportavano sulla pista di rullaggio e al capannone che funge da box

Nigel Mansel con la Ferrari 640 a  Hockenheim durante i test del  1989.

A seconda delle diverse esigenze aerodinamiche e in rapporto alle temperature esterne, nella fiancata potevano, di volta in volta, venire aperti  degli sfoghi d'aria di varie dimensioni

La 640 rappresentava l'evoluzione della 639, vettura laboratorio che lo stesso John Barnard aveva progettato l'anno prima. La monoposto del geniale tecnico inglese venne presentata nel febbraio 1989 e si distinse subito per le idee innovative, che coinvolgevano anche il settore aerodinamico, oltre che del complesso telaio - sospensioni

Comincio a discorrere con il meccanico sulle caratteristiche tecniche della vettura.  La forma sinuosa delle fiancate, la grande bocca dell’airscope, così,  tanto per smorzare l’agitazione. Indosso il casco prestatomi dal mio "benefattore" e finalmente posso entrare nell’abitacolo. Mentre il meccanico mi regola la pedaliera, un tremito d’emozione mi prende come afferro il volante con al centro lo stemma del Mito. Il volante è molto piccolo, con il diametro della parte dell’impugnatura piuttosto grosso, segno che era quello di Mansel (Berger invece lo preferiva  più grande e con un impugnatura più sottile). Lo inserisco sul suo perno e faccio scattare la sicurezza. Ed è ancora un vero volante!  tutte le indicazioni sono visualizzate in un display sul cruscotto: giri motore, marcia inserita, temperatura di acqua, olio... non è il freddo computer delle vetture attuali.  Il confronto non regge: meglio questo volante!

Regolata la pedaliera, arriva finalmente momento di accendere il motore.  L’emozione che mi prende mi fa aumentare i battiti del cuore all’inverosimile e le gambe tremano. Attivo la connessione elettrica e faccio un cenno al meccanico per l’avvio del propulsore. Un boato squarcia il silenzio! Ed è come se la macchina poggiasse su un terreno dove si sta sviluppando un terremoto, comincia a vibrare ma si placa quasi immediatamente.

Dopo qualche istante il propulsore si mette a girare con un borbottio sommesso, ma si sente che è un gigante assopito. Solo una decisa vibrazione arriva da dietro la schiena… o sono io a tremare? Premo il pedale della frizione con la gamba sinistra che ormai trema come una foglia e inserisco la prima tirando il bilanciere di destra. La vettura compie un leggero scatto in avanti, segno che la marcia s’è inserita e sul display oltre il volante appare ben evidente il n° 1. Ormai sono in confusione totale, arrivo al punto di non udire nemmeno il motore che borbotta dietro la mia schiena. L’unica cosa che sento sono le vene che mi pulsano in testa e quasi non  riesco a respirare all’interno del casco.

Il meccanico mi fa cenno che posso avviare la vettura. Io premo leggermente il pedale dell’acceleratore, il motore cambia il suono che diventa molto più deciso, stacco con delicatezza la frizione e... CLANG! odo un suono secco provenire dal posteriore. Il motore si ammutolisce.

 

Guardo il meccanico e vedo che il suo viso si apre in un sorriso a 32 denti, da orecchio ad orecchio. Mi si avvicina sogghignando e mi dice: "Ci cascate tutti… devi andare oltre i 6.000 giri per muovere la macchina".

Rifacciamo tutta la procedura di accensione e io sono decisamente irritato per la figuraccia ma non vedo l’ora di rifarmi. Il meccanico mi fa di nuovo cenno di partire. Affondo quindi il pedale dell’acceleratore e alzo la frizione! Una decisa sgommata di 20 metri mi porta in pista, dopo la distanza di 70 m sono già in 3^ marcia a oltre 150 Km/h con cambiate a 14.000 – 14.500 giri (il limitatore è tarato a 15.500 giri).. Ogni cambiata è una "craniata" nel poggiatesta!

 

La spinta è potente, progressiva e in un attimo si arriva al rapporto superiore ma la sensazione è che i giri non finiscano mai.  E' un controsenso, lo so, ma è come se il motore potesse salire di giri all’infinito.

La prima cosa che noto subito è che la macchina non è poi così rigida di sospensioni. L'asfalto ondulato viene assorbito dalle sospensioni in modo secco ma istantaneo, senza ripercussioni sulla stabilità direzionale.

 

Quell' incredibile prima vittoria

Nella immagine a sinistra Mansell supera perentoriamente Prost nel corso del ventottesimo giro e si porta al comando del GP del Brasile  1989. Ci si aspetta l'ennesima rottura da un momento all'altro ma il pilota inglese vincerà dopo una splendida galoppata.

Sullo sfondo si vede la 640 di Berger, costretta al ritiro nel corso del primo giro, dopo un urto con la McLaren di Senna nelle fasi di partenza

Giunta al primo Gran premio della stagione con ancora gravi problemi di affidabilità, nessuno si aspettava molto dalla gara brasiliana. Il cambio  non riesce a compiere più di 10 giri consecutivi ma pare finalmente individuata la causa nella fragilità dell'alternatore che deve fornire energia alle elettrovalvole. Durante la notte si decide allora di cambiarne la posizione, sistemandolo in un punto dove possa smaltire meglio il calore. Il miracolo si realizza e la 640 di Mansell regge brillantemente per tutta la distanza della gara.

Questa prima vittoria illuse appassionati e tecnici ma ci si accorse presto che i problemi di affidabilità non erano stati ancora superati.

A Imola ci sarà poi il terribile incidente di Berger causato dal cedimento del musetto, che obbligherà anche a rivedere alcuni parametri di robustezza di quella parte.

Anche altri aspetti strutturali di particolari progettati da Barnard suscitarono in passato perplessità, come la sospensione anteriore della F1 87 che accusò un cedimento a Hckenheim, o il portamozzo della stessa vettura che si ruppe a Imola.

   

La vibrazione emessa dal motore è quasi del tutto assente ma il motore c'è e si sente! Il suono che emette è decisamente forte ma riempie le viscere e scalda il cuore… è un Ferrari ed è un V12!  il frazionamento preferito dal Fondatore e mi fa piacere pensare che il motore sia proprio come Lui voleva fosse realizzato, come se fosse stato Lui dalla finestra del suo ufficio ad ascoltarne il suono provenire dall’officina e dire solo: “Va bene”, come faceva per tutte le vetture che uscivano dal Suo Atelier.

 

 Compare lo snorkel

Nei test di Imola del maggio 1989 viene provata la nuova  presa d' aria alta per l'alimentazione. Mansell fa pochi giri ma con risultati positivi. La temperatura dell'aria risulta inferiore e buona anche la velocità massima, 312 kmh contro i 303 raggiunti da Berger nelle qualifiche del GP di San Marino.

La configurazione aerodinamica assume così la sua veste generale definitiva. Con questa soluzione la 640 correrà fin dal Gran Premio del Messico.

Durante questi test vengono pure adottati i doppi scambiatori di calore.

Costruita inizialmente in un blocco unico, con un disegno raffinato ma poco pratico,  a partire dal Gran Premio del Canada, la presa d'aria venne sdoppiata seguendo lo schema comunemente seguito dagli altri progettisti, con "un' anima" separata dalla carrozzeria. Uno degli errori rimproverati a Barnard fu proprio il ritardo con cui decise di optare per la soluzione della presa d'aria alta in luogo delle NACA laterali. Lo stesso discorso vale per la scelta degli scambiatori di calore. La 640 aveva forse uno dei suoi pochi limiti proprio nell'incompleta ricerca sui flussi interni

 

 

Arrivo alla prima curva, una sinistra a 90°. A debita distanza alzo il pedale dell’acceleratore ed è come se avessi eseguito una frenata decisa con una macchina da strada. La resistenza aerodinamica si fa sentire.

Immediatamente premo il pedale del freno ma ho una strana sensazione: la macchina non frena! sembra di guidare  sul ghiaccio.  Inconsciamente premo di più sul freno e dopo qualche istante  la macchina frena bruscamente sin quasi ad arrestarsi, mentre levo 2 marce per arrivare alla seconda. Nel contempo le cinture di sicurezza mi entrano praticamente nella cassa toracica. Anche i G si fanno sentire! Questo succede perché i freni in carbonio sono freddi e non hanno capacità frenante ma nel momento in cui raggiungono la temperatura d' esercizio la frenata diventa brutale!

Col secondo rapporto inserito butto letteralmente la macchina in curva, la 640 entra sbandando leggermente sulle quattro ruote contemporaneamente, segno che le gomme slick sono fredde  ma è normale, non sono state pre-riscaldate come il motore.

Il volante è pesante, e si deve esercitare una decisa forza per far ruotare le gomme lisce. Si sente però che l’avantreno è sincero, l’impronta degli slick ti fa subito prendere confidenza con la vettura.

A centro curva affondo leggermente sull’acceleratore e il motore prende giri in pochi istanti costringendomi a inserire già due marce all’uscita della piega e  facendo letteralmente schizzare la “Papera” sul breve rettilineo successivo come una palla di fucile. La ripresa da regimi di rotazione oltre i 7.000 è paurosa, rabbiosa, mi sembra di entrare nel carbonio dietro le mie spalle.

Arrivo alla curva successiva, una piega a destra simile ad una curva da 3^ piena, e stavolta voglio provare ai tirare la staccata, quindi freno leggermente di meno, ma più sotto la curva levando 2 rapporti ma Il posteriore parte. Controsterzo alzando il piede dal freno e giocando con l’acceleratore… troppo tardi, mi fermo in senso contrario a dove provenivo.

Cerco subito di raddrizzare la vettura, ma le manovre a bassissima velocità sono esasperanti. Lo sterzo è di una pesantezza unica ma ce la faccio. Percorro la curva a velocità ridotta e, appena oltre, pesto subito sull’acceleratore salendo di marcia e prendendo a zuccate il poggiatesta. Le gomme sono ormai calde, come anche i freni e alla curva successiva ritento la staccata ma non al limite.  Freno scalando, inserisco la macchina e dal punto di corda riaccelero.   

Guardo per la prima volta negli specchietti esterni. La visibilità è pessima (sono più piccoli di quelli imposti dalla Federazione in questi ultimi anni) e buono spazio della visuale è occupata dall’ala posteriore.  In compenso però, la visibilità anteriore è ottima, si vede perfettamente dove passano le ruote, a differenza delle monoposto attuali che,col muso rialzato che non offrono una buona visibilità.

A questo punto ormai le emozioni provate precedentemente hanno lasciato spazio alla determinazione di fare bene e di tento di portare al limite la vettura. Quindi mi metto d’impegno per le ultime curve.

L’importante, mi dico, è prendere il ritmo e valutare le distanze… VALUTARE LE DISTANZE? sembra quasi che sia la curva a gettarsi verso di me e non io che mi ci avvicino!

 

sopra -  Larini si prepara al possibile esordio in Messico. Dopo l'incidente di Imola, ancora non si è sicuri che Berger possa correre. Il pilota austriaco però recupererà.

sotto - Al GP del Messico la 640 corre la sua prima gara con la nuova presa d'aria. Si noti l'estrema pulizia del retrotreno.

 

 

Comunque ci provo. Freno, scalo, entro in curva e per la prima volta riesco a valutare il rollio della monoposto... insomma “rollio”, in pratica sono le gomme esterne che si comprimono sotto effetto della accelerazione laterale.  La macchina però viaggia quasi del tutto parallela al terreno, anche perché la barra di torsione è tarata sul massimo grado di rigidità , almeno così mi è stato detto. L’aderenza al suolo fa rizzare i capelli (calcolando che ne ho molto pochi!), sembra di poter affrontare la curva alla velocità che si desidera. La monoposto comunque percorre la curva proprio come volevo venisse affrontata.

Sulla 640  sul lato destro dell’abitacolo si trova la leva per la regolazione dell’altezza da terra dell’avantreno. Questa leva era presente sulle monoposto sino a quando la Federazione bandì le sospensioni attive e impose che non potesse avvenire nessuna variazione di assetto durante le gare, tranne ovviamente l’aumento della distanza dal suolo a causa dello svuotamento del serbatoio.

Il comportamento in curva è sinceramente neutro anche se la monoposto tende appena appena a beccheggiare per via del molleggio delle gomme. Riesco ad uscire indenne dalla curva e un’esaltazione improvvisa mi scuote le ossa e penso: "zio fagiano!" Quei due disperati (Mansel e Berger) dovevano proprio divertirsi guidando questa vettura!

Affronto l’ultima curva, che mi porta verso la fine di questa avventura, ancora più esaltato di quella precedente e all’uscita  mi fermo: voglio provare la “partenza”. Premo a fondo la frizione e inserisco la 1^. Porto il motore verso i 10.000 giri e rilascio il pedale. Per i primi 20-30 metri la macchina avanza pattinando lasciando una strisciata fumante di gomme. Superati i 90Km/h l’aderenza generata dal fondo piatto e dalle ali comincia a schiacciare la vettura al suolo e la trasmissione dei cavalli sul terreno diventa tremenda. Ho quasi la certezza di entrare nel carbonio e di finire sull’ala posteriore!

Rallento per portarmi verso il bordo pista,mi fermo e stacco il contatto dell’alimentazione elettrica al motore che si ammutolisce. Purtroppo la pacchia è finita.

Scendo fradicio di sudore, un po’ per l’emozione e un po’ per lo sforzo necessario per guidare questa monoposto “arcaica” .  La osservo ancora e noto che dai cerchioni esce un leggero fumo azzurrognolo. Lo stesso fenomeno osservo dallo scivolo posteriore e dall’airscope.

   

Berger a Monza. Dall'alto si nota meglio il       caratteristico andamento delle fiancate e la posizione "stretta" dei radiatori. Un'architettura che farà scuola nelle successive stagioni

 

Il capolavoro di Mansell

Dopo le qualifiche per il GP d'Ungheria Mansell è solo dodicesimo. Molti però nutrono grande fiducia: le gomme da tempo non vogliono saperne di andare e il pilota inglese ha rinunciato a cercare di migliorare la sua posizione per effettuare una lunga serie di giri con le gomme da gara, alla ricerca dell'assetto migliore per la sua 640 che monta l'alettone triplano per i circuiti tortuosi. Il lungo lavoro svolto in accordo con Barnard porta i suoi frutti e Mansell riesce a correre tutta la gara con gomme morbide, rendendosi protagonista di una rimonta entusiasmante, con una lunga serie di sorpassi, l'ultimo dei quali su Senna agevolato dal doppiaggio di Johanson, Sarà una delle vittorie più belle di Nigel Mansell

 

La monoposto riposa ma a me sembra che invece voglia continuare a scatenarsi in pista. Mentre il meccanico prepara la macchina per il titolare, aggiungendo carburante e posizionando dei ventilatori alle prese d’aria delle fiancate, cerco di riprendermi dall’emozione.  Sono sceso dalla monoposto ormai da qualche minuto ma non riesco a smettere di tremare per le emozioni provate e ho bisogno di sedermi e bere qualcosa.

Tornando a casa il pomeriggio, guidando la misera Laguna SW 2300 Td aziendale in autrostrada, mi sembra di avere tra le mani un trattore. Avevo la sensazione che tutte le cose andassero al “rallentatore” ma è normale.

Tutto me stesso era rimasto nell’abitacolo di quel concentrato di tecnologia che solo dalla Ferrari poteva essere partorito. Il giorno dopo avverto leggeri dolori al collo, alla schiena e alle braccia  ma sono contento di averli.

Che dire?. Ho fatto solo un giro, nemmeno 2 Km in un aeroporto per aerei da turismo. Ogni tanto mi ricordo di quella lontana mattina, e ancora adesso dei brividi di emozione mentre scrivo queste righe. Ci sono avvenimenti nella vita di una persona che possono provocare emozioni anche a distanza di anni e anche se il momento vissuto non è che un istante della propria vita.

Calarsi nell’abitacolo di una vettura che rappresenta una pietra miliare nella storia dell’automobilismo sportivo, indipendentemente da chi sia stato il costruttore, credo che per una persona normale, che non sia pilota professionista intendo, sia fonte di emozioni che possono solo limitatamente essere descritte. Io ci ho provato, spero di esserci riuscito.

    Driver1972

 

 

 

a sinistra - Berger precede Mansell nel GP del Portogallo che l'austriaco vincerà davanti a Prost. All'Estoril la Ferrari 640 raggiunge la sua terza vittoria e l' apice della competitività, dominando con autorità le McLaren.

sopra - Il GP portoghese passerà però alla storia soprattutto per l'incidente tra Mansell e Senna. Rientrato ai box per il cambio gomme, Mansell arriva lungo, superando la postazione dei meccanici. Nella foga percorre alcuni metri in retromarcia, mentre i meccanici accorrono per sospingerlo nella corretta posizione. La manovra non pare eccessivamente pericolosa pericolosa ma scatta lo stesso la squalifica. Mansell però, una volta ripartito non vede o ignora la bandiera nera che gli viene ripetutamente sventolata sul traguardo e prosegue la sua corsa fino ad arrivare all' attacco Senna. Il brasiliano non cede e il contatto è inevitabile. Scoppieranno furibonde polemiche e Mansell verrà squalificato per la corsa successiva in Spagna

 A sinistra - Mansell tamponato da Piquet durante le prove del GP d'Australia sta rallentando per rientrare ai box con la vettura danneggiata. Sarà l'ultima gara della 640, segnata da una prestazione opaca in una corsa segnata dalla pioggia. Ormai alla Ferrari si è già proiettati verso la stagione successiva

sotto - Mansell a imola

  • 16 Gran Premi disputati
  • 30 vetture partite
  • 1126 giri
  • 3 vittorie
  • 4 giri più veloci in gara
  • 20 ritiri
  • 59 punti

Mansell 6 1 3 r 5 r 3 r 4 r 5 s 3 2 3 2 3 3 12 1 6 3 3 r 3 s - - 4 r 7 r
Berger 3 r 5 r - - 6 r 8 r 4 r 6 r 4 r 4 r 6 r 3 r 2 2 2 1 2 2 3 r 14 r
  Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G Q G
BRA RSM MNC MEX USA CAN FRA GB GER UNG BEL ITA POR SPA GIAP AUS
Mansell 109 109 109 109 109 109 109 109 109 108 112 112 112 - 112 112
Berger 108 108 - 110 110 110 110 110 110 109 108 112bis 112bis 112bis 112bis 112bis
muletto 107 107 108 108 108 108 111 111 111 111 109 109 109 109 ? 109 109
scorta     110                     ?    
 

Nella tabella sopra sono riassunti i risultati (in Qualifica e in Gara) e l'attribuzione dei sette telai della 640 impiegati nella stagione 1989. Per scaramanzia il settimo telaio venne classificato 112bis e non 113

 

a sinistra - Prost nell'abitacolo della 640 all'Estoril dove spiccherà il miglior tempo nei test del dicembre 1989.

sotto - Gianni Morbidelli in prova a Fiorano nel novembre 1989. Ingaggiato come collaudatore ottenne subito ottimi tempi

 

   

Ottimi frutti  diede il lavoro di sviluppo sul propulsore classificato 0/35. Il V12 3500 che per la Ferrari segnava il ritorno all'aspirato , alla presentazione venne accreditato di una potenza che si aggirava attorno ai 620cv. Al termine della sua evoluzione avvenuta al GP d'Italia, i cavalli avevano toccato in prova quota 663cv. La massima potenza veniva raggiunta a un regime che si aggirava attorno ai 13000 - 13200 giri Grazie poi a una completa revisione della distribuzione e della fluidodinamica interna, oltre all'impiego delle fibre di carbonio, il motore, che pesava all'inizio 141 kg, venne alleggerito progressivamente di ben 5kg.

La tabella sottostante sintetizza l'evoluzione del V12 0/35 nelle 5 tappe fondamentali del suo sviluppo. La potenza viene ricavata mediante modelli fisico-matematici. A Monza si raggiunsero anche i migliori risultati in termini di cx.

 

  IMOLA LE CASTELLET SILVERSTONE HOCKNHEIM SPA MONZA
prova gara prova gara prova gara prova gara prova gara prova gara
vel. km/h 303.8 300.1 288.1 289.4 307.5 306.7 318.5 317.2 310.1 pioggia 320.6 314.1
pot. cv 633 609 642 635 647 638 648 637 653 663 638

 

Facendo un'analisi globale si può affermare che la 640 sia stata una delle Ferrari di F1 più efficaci ed equilibrate della storia. In essa Barnard seppe armonizzate le caratteristiche delle sospensioni con quelle aerodinamiche, tanto che le qualità della 640 emergevano proprio in condizioni critiche di aderenza, come per esempio in Ungheria. Dal punto di vista telaistico è stata probabilmente la migliore monoposto prodotta dalla Ferrari fino ad allora e per la prima volta da quando la supremazia era passata nelle mani della scuola inglese, si poté dire che quello della Casa del Cavallino fosse il miglior telaio della F1.

Le difficoltà incontrate, non del tutto attese dopo la straordinaria vittoria nella gara d'esordio, si concentrarono soprattutto su due aspetti: la solidità strutturale di alcune parti e le temperature d'esercizio del cambio o degli elementi ad esso annessi. Per diverso tempo si lasciò anche aperta la possibilità di un ritorno al cambio meccanico, dato che alcuni tecnici non nutrivano grande ottimismo sulle possibilità di superare gli evidenti problemi presentatisi nel corso dell'intera stagione.

Il  grosso limite fu dunque l'affidabilità del nuovo cambio, che non si seppe forse collaudare adeguatamente al di fuori delle competizioni e sconsolanti scene come quella ritratta nella  foto a sinistra, che documenta il ritiro di Berger nel Gran Premio di Francia sul circuito Le Castellet per l'ennesima rottura del cambio, si ripeterono con  frequenza.

Quasi tutti i numerosi ritiri sono dovuti a cedimenti di questo particolare o di parti ad esso legate, in primo luogo l'alternatore, per il quale non si trovò una dislocazione del tutto soddisfacente, venendo anche abbandonata l'idea del suo inserimento  nella V del motore. Con la 640 si posero comunque le basi per la stagione successiva , nella quale, anche senza l'ausilio di Barnard sostituito da Enrique Scalabroni, la Ferrari sfiorò il titolo mondiale con la 641 di Prost.

 

J.J Letho venne assunto alla Ferrari con il ruolo di collaudatore e sarà proprio lui, mercoledì 23 agosto 1989, a provare il cambio meccanico sulla 639 usata come laboratorio per le innovazioni da portare sulla 640. Era sempre un cambio a sette rapporti, evoluzione meccanica del cambio elettronico. In 2 ore Letho percorse quel giorno circa 120 km ma Il risultato non fu particolarmente positivo. Anche se più leggero di circa 15kg, e  si notava un maggior calo di regime nelle cambiate in fase di accelerazione rispetto a quanto si otteneva col cambio semiautomatico.

   

Ingaggiato dalla McLaren per la stagione 1990, Berger provava per la prima volta la sua nuova vettura nel novembre del 1989 a Suzuka. Percorsi un centinaio di km , riportava le sue prime impressioni, presentando anche un interessante confronto tra la MP/4 e la Ferrari 640: "...ho scoperto che il motore Honda non è poi così superiore a quello Ferrari in fatto di potenza massima. Le differenze sono più evidenti in fatto di guidabilità: il 10 cilindri giapponese è molto più progressivo e consente una migliore utilizzazione. A Maranello, comunque, sono meno lontani di quanto pensassi. Anche a livello telaistico sono rimasto ben impressionato dalla Mp4/5: se devo essere sincero non me la aspettavo così buona. Credevo che i meriti del motore contassero di più nell'economia del risultato. Ora, però, posso confermare che il telaio di Barnard è indiscutibilmente il migliore del "circus". Attualmente in F.1 non c'è scocca che possa eguagliare quella della Ferrari."